
Federico Giampaolo © Casarano Calcio
L’intervista al viceallenatore del Casarano, Federico Giampaolo, ospite di “Distinti Sud Est”, programma in onda su Radio Orizzonti Activity.
Nella giornata passata il Casarano è stato fermato in casa dal Martina sul pareggio. Come commenta questo 1-1?
È stata una bella partita, aperta a qualsiasi risultato. Il Martina è una squadra che gioca a viso aperto ed è venuta a giocarsela: è una squadra giovane, che corre. Forse, da quando siamo arrivati qui, è la prima squadra che personalmente ho visto meritare la posizione in classifica. Noi abbiamo fatto una grandissima prestazione sotto il profilo dell’agonismo, della voglia di vincere. Purtroppo c’è rammarico perché abbiamo avuto delle occasioni per chiudere la partita. Poi siamo andati in vantaggio. Sull’1-0 e nel momento migliore della partita, in cui non stavamo rischiando niente, c’è stata quell’occasione che il Martina ha sfruttato benissimo e ha pareggiato la partita. Loro poi alla fine hanno avuto anche una grossa occasione per vincerla. È stata una grande partita, non sembrava una partita di Serie D, secondo il mio punto di vista. La squadra ha fatto un’ottima prestazione. Onore anche al Martina perché è una squadra che gioca anche in modo molto spensierato e alla fine penso che il pareggio sia giusto. Rimane, secondo me, la prestazione da parte del Casarano che ha cercato in tutti i modi di vincere la partita, poi c’è anche l’avversario che effettivamente bisogna anche mettere sul piatto della bilancia.
A più di un mese dal suo insediamento sulla panchina del Casarano insieme a mister Di Bari, che bilancio fate di queste prime cinque partite?
Penso che il bilancio sia molto positivo. Se vogliamo cercare il pelo nell’uovo, il rammarico è la partita con il Gravina. Abbiamo avuto solo due giorni di tempo per prepararla e conoscere a fondo i giocatori. Forse lì ci mancano due punti, ma effettivamente, ripeto, abbiamo pagato la mancanza di tempo e di conoscenza anche degli stessi calciatori. Poi abbiamo fatto tre vittorie, tra cui due in modo eclatante. Questo percorso sta andando avanti perché la squadra ha dato anche una risposta forte da parte di tutti i giocatori. Dobbiamo ringraziare tutta la rosa dei calciatori perché si sono messi a disposizione. Abbiamo un grande gruppo di professionisti. Penso che il bilancio di queste cinque partite sia più che soddisfacente.
C’è stata una svolta tattica: abbiamo visto un Casarano passare a tre in difesa rispetto alla precedente gestione.
Sì, ogni allenatore ha le sue metodologie, giuste o sbagliate. Il calcio è talmente così vario e strano che non c’è una scienza esatta. Quando siamo entrati abbiamo potuto capire questa squadra che ha tanta qualità. È una squadra con molti giocatori che hanno vinto anche dei campionati. Per questo, giocando a tre dietro, mettendoci con un 3-4-2-1 o un 3-4-1-2, abbiamo cercato un po’ di valorizzare al meglio le caratteristiche di tutta la rosa, di tutti i giocatori e con poco tempo, secondo me, siamo riusciti ad inquadrare bene la situazione, anche perché poi i risultati stanno arrivando. C’è stata grande disponibilità dei giocatori. Io sono stato in parecchie squadre e il Casarano in Serie D è una società molto organizzata. Ha un presidente che ha un equilibrio e una solidità forte per cui questo comporta anche in un certo senso creare quell’entusiasmo, quell’alchimia giusta tra tifosi, società, giocatori e staff.
Lei ha allenato in Serie D in altri gironi, con Recanatese, Avezzano, Valle d’Aosta. Il girone H viene considerato il girone più forte d’Italia. È davvero così?
Sì, io ho fatto il girone F che effettivamente è un girone non facile, con squadre importanti che vogliono vincere. La differenza secondo me la fa il pubblico perché nel girone H c’è molto più pubblico. I campi sono molto più infuocati rispetto al girone F. C’è anche una differenza anche di carattere economico perché nel girone H i contratti dei calciatori sono molto più esosi rispetto al girone F. È vero che nel girone H ci sono giocatori che sono bravi perché giustamente guadagnano di più e in un certo senso si possono costruire squadre importanti. La differenza, però, secondo me è minima perché per esempio quest’anno la Sambenedettese sta prima a dieci punti da L’Aquila. Ho allenato anche L’Aquila in Eccellenza e sono società solide. La differenza è sui campi, il pubblico segue molto di più il calcio nel Sud che nel girone del Centro Italia.
Nel suo curriculum da allenatore l’esperienza con le Primavere di Bari e Pescara. Qual è lo switch più significativo che deve fare un allenatore nel passaggio tra Primavera e prima squadra?
Penso che per fare questo mestiere bisogna iniziare dalla base. Secondo me chi fa la gavetta di un settore giovanile ha una formazione e un approccio verso i ragazzi e verso tutto l’entourage di un settore giovanile e quando allena i grandi secondo me parte avvantaggiato. Chi invece parte direttamente allenando i grandi senza fare una piccola gavetta secondo me potrebbe trovare delle difficoltà. Non è elevato il distacco tra settore giovanile e prima squadra. È normale che devi essere bravo a capire che non alleni più i ragazzi, alleni giocatori professionisti, per cui dovrebbe essere, tra virgolette, anche più facile, però devi cambiare sicuramente alcuni codici di ragionamento su tante cose. Secondo me conta avere delle conoscenze, perché nel settore giovanile puoi sperimentare, capire le cose che non vanno, perché ti danno tempo, non c’è l’assillo della vittoria e questa è una cosa importante. Facendo il settore giovanile tu riesci a capire dove puoi migliorare e giustamente poi quando alleni le prime squadre hai questa esperienza che ti puoi portare con i grandi e cercare di fare tesoro di quello che hai fatto con mente lucida. La differenza è che nei settori giovanili programmi i giocatori per cercare di farli diventare giocatori, quando poi alleni i grandi è normale che subentra il risultato e di conseguenza è tutta un’altra cosa. Tra i talenti più cristallini, ho avuto Manzari che adesso è in prima squadra a Bari, Lella, e Colangiuli che gioca a Sorrento. Allenare i ragazzi è un percorso che devi fare step by step perché non sono pronti, alcuni non sono pronti ancora a livello mentale però bisogna riconoscere il talento se riconosce il talento, anche se sono un po’ indietro, alla fine poi escono.
Tornando indietro alla sua carriera da calciatore, in chi si rivede oggi? E in quale giocatore del Casarano?
In generale adesso il calcio è un po’ cambiato rispetto a quando c’ero io, adesso è molto tattico, di conseguenza la fantasia perde un po’. Quando giocavo io, c’era più fantasia, c’era più libertà di gioco, di espressione di gioco, adesso è diventato molto tattico, uomo contro uomo. Il calcio cambia, cambia di anno in anno, si evolve. Adesso si è tornato a giocare a uomo, cinque o sei anni fa invece si giocava a zona. Nel Casarano mi ritrovo molto in Loiodice perché Loiodice è un giocatore brevilineo, un giocatore che salta l’uomo, un giocatore tecnico, molto bravo sul breve, forse io sulla corsa lunga ero un pochino più potente per fisicità, però Loiodice è quello che si avvicina più alle mie caratteristiche.
Avrebbe mai detto che un giorno nella vita sarebbe stato a 50 chilometri da suo fratello, seduto su una panchina, nella stessa provincia, nello stesso periodo. È abbastanza bizzarra come cosa…
Sì, hai detto bene, è bizzarra perché, dico la verità, io non mi aspettavo minimamente sia che mio fratello andasse a Lecce sia io che venissi a Casarano. La distanza è veramente minima, di conseguenza non avrei mai pensato che potesse succedere.
Quindi vi vedete spesso?
Ci sentiamo, una volta sono andato a vedere l’allenamento, ma vorrei andare di più. Bisogna trovare un po’ gli orari giusti, però ci sentiamo ovviamente e ci diamo coraggio entrambi.
L’allenatore del Lecce aveva detto che sarebbe stato molto concentrato sul suo lavoro e non avrebbe ammesso distrazioni nel vivere la città, l’ambiente fuori dai campi di allenamento. Lei ce lo conferma?
Sì, mio fratello è un grande lavoratore, forse un po’ anche esagerato perché nel calcio poi bisogna anche un po’ spezzare, staccare per riprendere poi le tante energie che vengono giustamente sprecate in un campo di allenamento, in partite difficilissime. La Serie A è difficilissima e c’è tanto stress, tanta tensione. Lui ci si tuffa pienamente, a 360 gradi, perché conoscendolo è un grande professionista e quando prende in mano un incarico diventa maniacale. Di conseguenza spero che lui possa, insieme al Lecce, raggiungere la salvezza che sarebbe un’impresa importante.
Lei sa che c’è un po’ di rivalità tra Casarano e Lecce?
Eh infatti, questo sinceramente non me l’aspettavo. Peccato perché sinceramente il Salento è una bellissima terra, la sto conoscendo adesso anche se ci sono da un mese. Io dico sempre che l’unione fa la forza perché bisogna valorizzare dove sei. Il Salento è veramente da valorizzare e anche a livello calcistico sarebbe bello che ci fosse un’unione di intenti.
Cosa l’ha colpita di più della nostra terra nell’ultimo mese?
Il clima è fantastico, perché ancora non sento effettivamente l’inverno, anche se ha piovuto ultimamente. Mi piace il mare, ho visitato anche altre città e paesi come Maglie, Gallipoli, Nardò. Non le conoscevo, è veramente bello, sembra di stare in una parte dell’Italia dove davvero si assapora tranquillità. È una sensazione strana che mi piace molto.
In bocca al lupo per questa scalata verso la Lega Pro.
Io me lo auguro, ci speriamo tutti, anche se, lo sapete meglio di me, ci sono squadre forti che vogliono vincere anche loro. Ma noi siamo una di quelle. Penso che il campionato si decida non adesso, ma a marzo. Di conseguenza bisogna fare più punti possibili, poi effettivamente chi fa meglio è giusto che vada su e che vinca il migliore.