
Marco Esposito © ASD Matino
(di Danilo Sandalo)
Agosto, come si sa, oltre ad essere il mese più caldo dell’anno è anche il mese del gossip e del pettegolezzo, di amori che si infrangono e altri che nascono. La frenesia caratterizza questo periodo così come le scelte che vanno a mettere le fondamenta per quello che si vorrà costruire non appena rientrati dalle ferie e durante il resto dell’anno. In perfetta linea con queste caratteristiche, nel mese appena trascorso vi è stato un cambio di maglia molto importante che ha interessato la Matino calcistica.
Marco Esposito, attaccante di razza classe ’89, fino a qualche mese fa militante nelle file dell’ASD Matino è passato a far parte della Polisposrtiva Virtus Matino, neopromossa in Seconda Categoria e allenata da mister Antonio Toma.
Molto conosciuto in città e particolarmente amato dai supporters biancazzurri, Esposito è il classico cecchino dell’area di rigore, dal fisico possente, dotato di una buona tecnica e di un grande carisma che gli ha permesso di realizzare nel corso degli otto anni trascorsi nelle fila del Matino oltre cento gol.
Nell’ultimo anno un bruttissimo infortunio lo aveva tenuto fuori dai campi di gioco, ma ora, essendosi ristabilito, è pronto a ripartire con nuovi stimoli.
In quest’intervista concessa in esclusiva a DilettantiPuglia24 il bomber matinese si racconta visceralmente dimostrando, nonostante la giovane età, di aver la maturità per assumersi il peso delle responsabilità, presupposto che gli serve per superare i grandi ostacoli non solo del calcio, ma anche della vita.
Marco, vieni da un brutto infortunio che ti ha tenuto lontano dai campi di gioco per lungo tempo. Come ti senti ora e soprattutto cosa ti ha fatto capire questo lungo periodo di convalescenza?
In questi mesi ho capito che nessuna difficoltà è tale da impedirci di superarla, basta superare i limiti che t’impone la tua testa e lasciarti trasportare dalle tue emozioni.
Chi ti è stato più vicino durante questo periodo?
La persona che mi è stata più vicina in questo periodo così duro è stata mia madre che mi ha aiutato e spronato ogni giorno a non mollare ogni e soprattutto nei momenti in cui preso dallo sconforto avevo voglia di dire basta con il calcio giocato.
Parlaci di te e delle tue ambizioni per l’imminente stagione agonistica.
Credo che ogni vittoria si costruisca allenamento dopo allenamento, domenica dopo domenica, guardando al breve periodo e non al lungo. Ho preferito sempre far parlare il campo, allenandomi sempre a testa bassa consapevole che nel calcio come nella vita c’è sempre da imparare e migliorare.
Il calcio moderno è molto diverso da quello del passato, dove appunto un calciatore che metteva il cuore oltre l’ostacolo arrivava ad essere un simbolo per l’intera comunità (basti pensare a Gigi Riva e allo storico scudetto con il Cagliari nel 1970). A tal proposito chi sono i tuoi modelli e soprattutto credi che il calcio possa rappresentare una sorta di riscatto sociale?
Penso che ogni calciatore, per quanto possibile e limitatamente alla categoria in cui milita, deve essere il miglior modello di se stesso costruendo la propria personalità in base alle proprie capacità. Se proprio dovessi ispirarmi a qualcuno sceglierei Del Piero per attaccamento alla maglia e Inzaghi per fiuto del gol. Non so se si possa parlare del calcio come di riscatto sociale perché oggi ci sono cose ben più importanti, ma sono uno di quelli che si rispecchia e crede ancora nei valori veri dello sport visto come passione e sana competizione. Inoltre credo che ognuno di noi dovrebbe avere qualcosa da coltivare e lo sport suppongo che sia la migliore medicina.
Quando hai scoperto di essere un attaccante o quanto meno chi ha avuto questa brillante intuizione?
Da subito, perché gonfiare la rete mi ha dato sempre un’emozione particolare!
Negli ultimi anni hai giocato per il Matino dove ti sei affermato come bomber di razza a suon di gol. Qualche tempo fa avevi espresso, tramite il tuo profilo Facebook, la volontà di cambiare. Spiegaci cosa ti ha indotto a cambiare e la scelta della tua nuova destinazione.
L’ASD Matino è stata per me una parentesi molto importante non solo a livello calcistico ma soprattutto a livello umano. Sono stati otto anni intensi fatti di molti alti e altrettanti bassi. È stato un percorso che mi ha portato alla quasi completa maturazione,che mi ha regalato la soddisfazione di raggiungere quota cento gol, indossare la fascia da capitano per quattro anni e aver rappresentato da matinese il mio paese e i miei colori e non ultimo aver giocato due finali playoff davanti a circa duemila persone, cosa che da queste parti è successa poche volte. La cosa più importante però sono stati gli infortuni e le cocenti sconfitte perché mi hanno fatto scoprire il mio talento e diventare ciò che sono e da ogni sconfitta si deve trarre un insegnamento per il futuro. Ci sono momenti in cui un calciatore ha bisogno di cambiare aria per trovare nuovi stimoli e rimettersi in gioco (soprattutto per uno che come me viene da un brutto infortunio) e sentivo che a questa società non potevo dare più nulla a livello di motivazioni perciò ho deciso di cambiare. Ci tengo a ringraziare la famiglia Greco e tutti coloro che hanno condiviso con me questo progetto a cui auguro le migliori fortune. La Polisportiva Virtus Matino, la mia nuova squadra, mi ha fortemente voluto facendomi sentire da subito importante e seguendomi passo passo durante la mia riabilitazione.
Con i tifosi che rapporto hai avuto in questi anni?
I tifosi sono la mia casa, la mia seconda famiglia. Mi hanno fatto sempre sentire importante ed io ho ripagato questa fiducia a suon di gol.
Per finire,vuoi farci qualche anticipazione sulla prossima stagione agonistica,magari pronosticando quanti gol riuscirai a fare?
Come detto prima, non mi piace dare numeri o fare pronostici in genere, preferisco lavorare sul campo e mettermi a disposizione del mister e dei compagni di squadra e farmi trovare pronto. Nel calcio conta il gruppo più del singolo e il lavoro di squadra, poi è chiaro che se la squadra è forte e coesa nello spogliatoio il singolo esce fuori. I campionati si vincono si vincono in 23 perché tutti possono e devono dare il loro contributo alla causa.