Marco Gentile, classe 1980, è l’estremo difensore del Galatina 1917, la società militante nel campionato di Seconda Categoria pugliese che ha raccolto l’eredità dell’ormai defunta Pro Italia Galatina, fallita per via delle note vicende giudiziarie che hanno coinvolto i biancostellati nello scorso torneo di Eccellenza.
Cresciuto nel settore giovanile della Pro Italia Galatina, Marco vanta una grande esperienza nei campionati dilettantistici: dalla Serie D alla Seconda Categoria ha militato in tutti i campionati, arrivando addirittura ad essere convocato, a diciotto anni, per uno stage a Taranto con la Nazionale dilettanti, che andava costituendosi. Quello, come lui stesso afferma, risulta essere il picco più alto della sua ventennale carriera che aveva deciso di chiudere dopo le tristi circostanze in cui si era trovata coinvolta, come abbiamo già accennato, la squadra della sua città lo scorso anno quando militava nel campionato di Eccellenza pugliese.
Marco aveva deciso di appendere i guantoni al chiodo, dopo una vita trascorsa sui campi, tra allenamenti e partite, a difendere quella porta che solo sotto la sua custodia riteneva essere al sicuro, a volare da un palo all’altro pur di mantenerla inviolata, talvolta rischiando anche di farsi male sul serio. Eppure al cuor non si comanda e quando, a pochi giorni dall’inizio del campionato di Seconda Categoria, gli è stato chiesto di mettersi ancora in discussione per rilanciare il nome della propria città con un nuovo progetto, da buon portiere, che per tutta la carriera si è caricato il peso della squadra sulle proprie spalle, non è riuscito a rifiutare, ritrovando anche quell’entusiasmo che negli ultimi mesi era svanito.
Marco, cosa significa per te essere un portiere e perché hai deciso di metterti in porta?
All’inizio mi sono messo in porta in maniera occasionale, dopo ha iniziato anche a piacermi e siccome avevo uno zio che aveva parato a Galatina e Nardò in Interregionale venivano fatti facilmente i paragoni con lui e la cosa mi riempiva d’orgoglio. Fare il portiere vuol dire distinguersi, dagli allenamenti all’abbigliamento si è diversi rispetto al resto della squadra. Fare il portiere ti forma molto caratterialmente perché il peso della responsabilità è differente.
Chi è secondo te il miglior portiere di sempre e quello a cui ti sei maggiormente ispirato e che magari ti ha spinto a intraprendere questo ruolo?
Personalmente dico Buffon, ma il ruolo si sta evolvendo verso una condizione che prevede sempre più la partecipazione con i piedi. Il portiere che quando ero piccolo mi faceva letteralmente impazzire era Michel Preud’homme, portiere del Belgio e del Malines, perché era molto tecnico. Poi ho ammirato molto Peter Schmeichel per la forza fisica, mentre tra gli italiani Peruzzi, ma il mio preferito in assoluto rimane il belga.
Dopo lo scorso campionato di Eccellenza, sia per l’età che per le note e tristi vicende che avevano coinvolto la Pro Italia Galatina, avevi deciso di smettere. Cosa ti ha spinto a cambiare idea e continuare a giocare?
Lo scorso anno per me è stato un po’ particolare, perché avevo cominciato a Matino, ma poi per problemi famigliari ho dovuto mollare. Successivamente ho deciso di dare una mano alla squadra della mia città, il Galatina, che non attraversava un buon momento, contribuendo anche alla crescita di ragazzini di 16-17 anni che giocavano in prima squadra in Eccellenza. Avevo deciso di smettere, ma quando ho ricevuto la chiamata della nuova dirigenza del Galatina (il 27 settembre!), mi è ritornato l’ entusiasmo grazie a questi signori che si sono messi in discussione affinché il calcio potesse continuare nella mia città.
Ti senti un po’ il “Buffon” dei dilettanti per l’età e la voglia di continuare a giocare?
Di Buffon ce n’è uno solo (ride, nda). C’è qualcuno più grande di me, Santino Monteduro a Otranto, Amleto Antonica ad Aradeo, ma siamo rimasti veramente in pochi, anche perché ora si punta molto sui portieri under e quindi spesso ci si ritrova qualche ragazzino davanti. Però mi è ritornata la voglia e mi sembra di vivere una seconda giovinezza.
Parlaci di questo nuova avventura e progetto con il Galatina.
Per quanto riguarda questo nuovo progetto, c’è solo da fare un applauso a queste persone che stanno riportando l’entusiasmo nell’ambiente e sono riusciti a far rivivere lo stadio “Giuseppe Specchia” chiuso ormai da un anno. Il progetto nasce dall’idea di Adriano Margiotta, un tifoso storico del Galatina, al quale si è aggiunto l’aiuto del dottore Vergine e di Ninì Galati, vecchia gloria del Galatina. Questo è senza dubbio un anno di transizione, però vedo che c’è entusiasmo perché al campo si contano circa 3-400 persone e sono numeri veramente alti per la categoria.
Quanto pensi di continuare a giocare ancora?
Per ora mi rendo conto di farcela, forse anche in virtù degli stimoli di questo nuovo progetto. Comunque spero quest’anno e l’anno prossimo almeno e poi di continuare a dare una mano alla società in altre vesti.
Tempo fa, durante la partita del campionato di Promozione tra Atletico Racale e Uggiano, un tuo collega aggredì un avversario. Da portiere cosa pensi di questo episodio considerando lo stress psicologico ed emotivo che il ruolo comporta? E soprattutto, fermo restando che un gesto del genere non sia né idoneo né da vedere su un campo di calcio e pertanto vada condannato, ritieni adeguata la demonizzazione mediatica che si sia fatta del soggetto in questione?
Guardando le immagini è facile criticare, anche se io sono dell’idea che la critica va bene ma fino a un certo punto, in quanto la maggior parte della gente che critica prima o poi potrebbe ritrovarsi in una circostanza simile o addirittura in quel gesto. Purtroppo ha sbagliato però può succedere di sbagliare, è successo anche in Serie A a Sebastiano Rossi. Con questo non lo voglio giustificare, ma neanche condannare, perché sono sicuro che sia il richiamo della società, sia la squalifica serviranno a fargli capire l’errore commesso.
Uno sguardo alle varie categorie dilettantistiche: dammi un nome e/o una possibile sorpresa dalla Serie D alla Terza Categoria.
In Serie D credo che sia l’anno del Cerignola, ma da salentino faccio il tifo per il Nardò. In Eccellenza spero che sia il Casarano a tornare in D perché è una piazza che merita, la sorpresa invece potrebbe essere il Barletta. In Promozione invece sia Ugento che Aradeo sono delle sorprese e spero arrivino fino in fondo, mentre le squadre più attrezzate come Novoli e Taurisano non stanno ancora dimostrando il loro valore. In Prima Categoria credo che sia il Matino la squadra da battere, anche se non sottovaluterei il Veglie. In Seconda Melendugno e Salve sono le più attrezzate, però secondo me il Bagnolo ha l’organico più forte del campionato. La sorpresa mi auguro che possiamo essere noi salvandoci tranquillamente. In Terza Categoria so che Cursi ha allestito una squadra per vincere il campionato.
Nella tua lunga carriera hai incontrato tanta gente, con chi ti sei trovato particolarmente bene?
Ho giocato e incontrato talmente tante persone che citarne solo una farebbe un torto agli altri, però se proprio devo allora dico Giuseppe Contaldo con cui ho giocato un anno in Serie D con il Galatina. Quell’anno arrivammo terzi dietro a Fasano e Rutigliano e io venivo dal settore giovanile e non ero ancora neanche maggiorenne. Quell’anno il Galatina era uno squadrone, con gente ex professionista e Giuseppe Contaldo è stato il mio “papà calcistico” grazie ai suoi rimproveri educativi.
Per finire, se dovessi fare una formazione ideale di ex ed attuali compagni di squadre con cui hai giocato durante la carriera chi metteresti? Quale sarebbe il tuo dream team?
Provo a farla, ma mi spiace lasciare qualcuno fuori, comunque molti sono di quel Galatina che oggi potrebbe fare tranquillamente la Lega Pro. Ci provo usando un 4-3-3: Vinicio Longo, Marco Polo, Luca Verzin, Mino Portaluri, Totò Nobile; Andrea Corallo, Giuliano Nichil, Angelo Samueli; Giuseppe Contaldo, Diego Merola, Antonio Vittorini.